Come ogni tipica cittadina Old West anche Patton Springs brulica di gente indaffarata nelle proprie faccende.
Questo vuole essere un piccolo sguardo, uno squarcio di vita quotidiana, rubato qua e la, tra la moltitudine di personaggi che affollano la polverosa main street cittadina.
Mi sono imbarcato nella costruzione da zero di una sezione del sommergibile tedesco U-Boot 96, classe VII C, lo stesso del celeberrimo film “Das Boot” di Wolfgang Petersen, più precisamente la parte che riguarda la sala di controllo con il soprastante comparto periscopio e la torretta.
L’impresa è sicuramente titanica ed oltremodo impegnativa, vista la quantità di particolari che si trovano all’interno della sala di controllo.
Qualche numero per inquadrare le dimensioni di questo bestione: la sala di controllo avrà un’altezza interna cm. 55, lunghezza compartimento cm. 150, oltre a cm. 10 del ponte inferiore esterno e cm. 60 della torretta esterna.
Lo spaccato che intendo realizzare è esattamente riprodotto nel modellino in scala minore delle prime quattro foto.
Per la costruzione del manufatto utilizzerò principalmente lastre di polistirolo ad alta densità (PAD), legno e plasticard.
La Battaglia di Verdun, in francese Bataille de Verdun, fu l’unica grande offensiva tedesca avvenuta tra la prima battaglia della Marna del 1914 e l’ultima offensiva nella primavera del 1918. Fu una delle più violente e sanguinose battaglie di tutto il fronte occidentale della prima guerra mondiale. Ebbe inizio il 21 febbraio 1916 e terminò nel dicembre dello stesso anno.
Questa spaventosa battaglia divenne una leggenda nazionale in Francia, sinonimo di forza, eroismo e sofferenza, i cui effetti e ricordi perdurano ancora oggi.
Fu la più lunga battaglia di ogni tempo, coinvolse quasi tre quarti delle armate francesi. Fu un vero e proprio bagno di sangue.
Nel 1916 Verdun era una cittadina considerata inattaccabile dai comandi francesi. Da ogni lato Verdun era circondata da ripide colline lambite dalla Mosa, presidiate da numerosi forti che avrebbero impedito grazie ad un efficace tiro incrociato qualunque avanzata nemica.
Verdun fu munita di una serie di profonde trincee protettive, lunghe fino 5 km, tecnicamente la città era il punto più forte dell’intero fronte francese, ma in pratica si sarebbe rivelato uno dei più deboli. Questo perchè la piazzaforte fu privata quasi completamente dei suoi pezzi d’artiglieria, che furono tolti per essere adoperati al fronte. In questo modo il sistema difensivo venne privato delle sue armi, ma successivamente anche dei suoi uomini. Questi furono mandati su altri fronti, lasciando praticamente sguarnito il caposaldo di Verdun, dove pertanto non fu possibile eseguire il giusto completamento del sistema trincerato a difesa del settore che, al momento dell’attacco tedesco, era privo di trincee di collegamento, reticolati e collegamenti telefonici sotterranei. Tutte necessità vitali per reggere ad un attacco nemico.
Quindi le linee di resistenza di Verdun non erano caratterizzate da una fitta rete di trincee tra loro collegate, così come invece avveniva sul resto del Fronte Occidentale. Ciò significa che tutta la lunga battaglia di Verdun venne combattuta all’aperto, in piena terra di nessuno, senza alcun tipo di riparo o caposaldo.
Queste trincee furono scavate più per consentire delle linee di collegamento con il fronte e vennero completate solo dopo la fine della battaglia, in previsione di una ripresa delle ostilità negli anni seguenti del conflitto.
I soldati francesi erano affettuosamente chiamati “Poilus” Pelosi, in quanto non riuscivano a radersi, ne a tagliarsi spesso i capelli, costretti per lunghi periodi in prima linea, dentro le trincee.
In una cittadina old west che si rispetti non poteva certo mancare lo strumento che più comunemente veniva utilizzato per far applicare la legge: la forca.
Anche questo pezzo è stato interamente autocostruito in legno, prendendo spunto dalle strutture tipicamente adottate a quei tempi.
La botola è fornita di un meccanismo che la rende perfettamente funzionante.
A completamento del personaggio di Mathew Brady, in precedenza realizzato, ho pensato di progettare ed autocostruire la sua fedele macchina fotografica, interamente in legno massello, metallo e pelle.
E’ la prima volta che mi cimento nella costruzione di un macchinario così complesso, in quanto in passato ho realizzato principalmente complementi d’arredo o strutture più ampie, come i fabbricati; devo dire di ritenermi abbastanza soddifatto del risultato.
Prossimamente verrà utilizzata per immortalare una pratica abbastanza in voga a quei tempi, quella di una impiccagione.
Un altro lavoro eseguito nel lontano 2010. Pima di procedere nella visione dei contributi fotografici, ritengo di dover fare una doverosa precisazione: nelle sequenze che seguiranno vi è una gran profusione di bandiere, gonfaloni e striscioni riportanti l’effige della svastica che ovviamente, visto il tema conduttore di questo articolo, non potrebbero mancare per una corretta ricostruzione storica degli eventi cui fanno riferimento.
Ciò non vuole essere in alcun modo e sottolineo nuovamente “in alcun modo”, un richiamo in ordine ad ideologie politiche di sorta, ne tanto meno è ne è mai stato nelle mie intenzioni smuovere coscienze o suscitare polemiche di sorta, in quanto l’intenzione primaria è e resta semplicemente la ripresa di un evento storico in chiave modellistica 1:6.
La scena si svolge a Berlino e richiama una di quelle oceaniche adunanze, tipica di quei tempi, nel momento in cui le truppe sfilano per prendere poi posizione di fronte al palco per l’arrivo del comandante in capo.